Oltre le parole: relazioni, identità e percorsi che trasformano

Nel secondo ciclo di incontri con gli studenti, abbiamo aperto uno spazio intimo e autentico di riflessione. Attraverso l’ascolto condiviso della canzone “La nostra pelle” di Ex-Otago e Willy Peyote, si è sviluppato un dialogo profondo sul corpo e sulle emozioni. I ragazzi hanno esplorato, spesso per la prima volta, il tema della distanza tra ciò che sentiamo e ciò che mostriamo agli altri. Ne sono emerse parole sincere, vulnerabili, potenti. Hanno parlato di ferite invisibili, di accettazione mancata, di un’identità in cerca di ascolto.

Abbiamo poi proposto un’attività sull’empatia, raccontando la storia di Marco (nome di fantasia). Gli studenti, invitati a immedesimarsi nella sua esperienza, hanno scritto pensieri e consigli che ci hanno sorpreso per lucidità, delicatezza e umanità. Ascoltando Marco, si sono ascoltati tra loro. E in quel processo si è creato qualcosa di raro: un clima di comprensione autentica.

Lo spazio che resta

Mentre si concludevano gli incontri collettivi, anche lo sportello individuale di ascolto ha accolto le ultime richieste. Un servizio silenzioso, ma fondamentale, che ha accompagnato decine di studenti in percorsi personalizzati di sostegno psicologico e orientamento. Ogni colloquio è stato unico, specchio della singolarità di ogni giovane incontrato.

Nel frattempo, i laboratori di arteterapia e sartoria – anch’essi parte del progetto – si sono conclusi lasciando una traccia profonda. Nei gesti manuali, nel colore, nella stoffa, nelle creazioni realizzate, i ragazzi hanno potuto esprimere ciò che le parole, a volte, non riescono a dire. In un tempo in cui le emozioni si consumano in fretta dietro uno schermo, tornare a fare, con le mani e con il cuore, ha avuto un valore immenso.

Il futuro che vogliamo

Questi mesi hanno confermato una verità che spesso sottovalutiamo: i ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati. E quando trovano uno spazio sicuro in cui farlo, fioriscono. I laboratori, gli incontri, lo sportello: tutto questo non è stato solo “progetto”, ma relazione, presenza, cura.

Se vogliamo davvero costruire una scuola che prepari alla vita, dobbiamo partire da qui. Dall’empatia, dalla capacità di nominare le emozioni, dal coraggio di raccontarsi. È in questa direzione che continuerà a muoversi Igea: un progetto che non si chiude, ma si rinnova. Con ascolto, delicatezza e un impegno che continua.

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Costruire relazioni, emozioni e consapevolezza: un cammino che lascia traccia